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Parole e suggestioni... il piacere della lettura [Easter Parade / Richard Yates, Minimum Fax, 2008]

Easter Parade, Richard Yates, Minimum Fax, 2008

Richard Yates pubblica Easter Parade nel 1976, quindici anni dopo il suo più famoso Revolutionary Road.

I critici ricordano come Yates amasse molto una frase di Adlai Stevenson: “Gli americani hanno sempre dato per scontato, nel loro subconscio, che tutte le storie abbiano un lieto fine”. Ecco, in questo senso, Yates è profondamente antiamericano. Le sue storie infatti mettono in scena personaggi che rimangono incastrati da inizi sbagliati, non sanno liberarsi dagli errori, conducono vite di quieta disperazione.

Non fa eccezione Easter Parade il cui incipit toglie al lettore ogni speranza di lieto fine prima ancora di addentrarsi nella narrazione: “Né l’una né l’altra delle sorelle Grimes avrebbe avuto una vita felice, e a ripensarci si aveva sempre l’impressione che i guai fossero cominciati con il divorzio dei loro genitori”.

Il lettore segue le sorelle Emily e Sarah, diverse nel carattere, nell’aspetto fisico e nelle scelte di vita che compiono. Sarah, la bella,  sposa un inglese, figlio dei vicini del piano di sopra, e si trasferisce con lui nelle campagne di Long Island. Quella che doveva sembrare ai più una tranquilla vita borghese, si rivela un’esistenza di maltrattamenti, solitudine, alcolismo.
Emily, l’intellettuale, più giovane di quattro anni, studia, fa carriera in ambito pubblicitario, colleziona una lunga serie di relazioni sentimentali infelici.
Entrambe le sorelle tentano di riscattarsi e superare i loro fallimenti attraverso la creazione artistica, in particolar modo attraverso la scrittura, ma invano.
Sarah si circonda di alibi, asseconda l’immobilità, perché vive sopraffatta dalla paura del cambiamento.
Emily invece sembra prendere in mano la propria vita, ma è solo un’illusione: il suo vivere senza progetti la fa scivolare in continui fallimenti. Insegue il disagio ovunque perché non si permette di avere desideri da realizzare.

In meno di trecento pagine Yates descrive la vita delle due donne, con realismo penetrante, con tecnica narrativa e uno sguardo spietato sui personaggi. Non c’è modo di uscire dalla solitudine dell’incomunicabilità e dalla paura. Un romanzo claustrofobico, il grido di dolore dell’uomo moderno.

Recensione di Francesca Rozzi

 

 

 

[Ultimo aggiornamento: 27/06/2016 14:24:49]