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Parole e suggestioni... il piacere della lettura [I morti / James Joyce, Einaudi, 1993]

I morti, James Joyce, Einaudi, 1993

“I morti” è il racconto con cui James Joyce chiude la raccolta di novelle “Gente di Dublino”.
Per lunghezza e complessità narrativa, può essere considerato un romanzo breve e, in quanto tale, da alcune case editrici è stato pubblicato singolarmente, con testo in lingua originale a fronte.
Il titolo del racconto è emblematico: non solo fa riferimento alla storia narrata, ma più in generale delinea il significato dell’intera raccolta. La Dublino descritta da Joyce è infatti popolata da personaggi passivi e rinunciatari che si muovono come anime mute, emotivamente rassegnate. Il confine che separa i vivi da i morti è dunque labile, evanescente: la frustrazione e la malinconia dei personaggi li condanna ad un’esistenza di paralisi e immobilità.
Il racconto “I morti” si rivela piuttosto rappresentativo in questo.

In una Irlanda che si ricopre di neve, Gabriel Conroy partecipa insieme alla moglie al tradizionale ballo che le signorine Morkan organizzano in onore del Natale. Si descrive così una compiacente realtà borghese in cui si canta, si balla, si gustano ottime portate. La conversazione fra gli ospiti è vivace: si parla di musica e di religione. Al termine della serata i due coniugi si ritirano nell’albergo dove avevano deciso di trascorrere la notte.
E’ nell’intimità della camera che la donna rivela al marito di come un canto intonato durante la serata, ha risvegliato in lei il ricordo di un antico amore. Un ragazzo da lei amato in giovane età, e di cui può evocarne solo il ricordo poiché morto da tempo.

A questa rivelazione Il senso di rabbia che coglie Gabriel si tramuta presto in un senso di fallimento e amarezza. In un’atmosfera finale in cui i vivi e i morti sembrano scambiarsi i ruoli, Gabriel osserva dalla finestra la neve cadere, prende coscienza della mediocrità della sua vita e della caduta di ogni forma di idealizzazione.

Nel 1987 il regista John Houston fece de “I morti” di Joyce il proprio testamento artistico, riadattandolo nell’omonimo film. Una devota e toccante traduzione in immagini della poetica dello scrittore irlandese.

 

Recensione di Francesca Rozzi

 

 

 

[Ultimo aggiornamento: 16/11/2016 11:43:02]